Quella di oggi, mercoledì 16 settembre 2020, è destinata a rimanere una triste data per lo sport fiorentino e italiano. Poco prima dell’alba ci ha lasciato Fino Fini, storico medico della Nazionale di calcio e ideatore del Museo del Calcio di Firenze. Aveva 92 anni e da tempo era stato costretto ad affrontare alcuni malanni legati all’età, tuttavia mantenendo fino all’ultimo lucidissima una memoria capace di attraversare oltre mezzo secolo di storia del pallone.
Fino Fini non è stato solo “il dottore” di Coverciano (dal 1962 al 1982: sei spedizioni Mondiali con la perla del Mundial spagnolo); non è stato solo il direttore del Centro Tecnico Federale (per trenta lunghi anni, dal 1967 al 1996); non è stato solo l’appassionato archivista e divulgatore dei tanti cimeli, trofei, maglie, testimonianze che oggi fanno parte della sua creatura prediletta, il Museo del Calcio di Firenze, da lui voluto e inaugurato nel 2000.
Fino Fini è stato anche un amico e un sostenitore della Fondazione Artemio Franchi Onlus. Perché con l’ex presidente di FIGC e UEFA, scomparso prematuramente nel 1983, aveva condiviso simbioticamente uno straordinario percorso umano e professionale.
Era stato proprio Artemio Franchi, nel 1962, a promuoverlo da medico di famiglia a medico della Nazionale, dando così vita a un reciproco rapporto di stima e di fiducia, che poggiava su valori profondi, quei valori forse ormai appartenenti ad altri tempi. “Pur conoscendoci molto bene, con il Dott. Franchi ci davamo del ‘lei’ – amava sottolineare Fino Fini – Quando il Dott. Franchi aveva bisogno di parlare, mi chiamava e insieme camminavamo intorno ai campi da gioco di Coverciano, parlando di tutto, di calcio e di altro”. Erano i primi anni di vita del Centro Tecnico Federale, attivo ufficialmente dal 1958 e destinato a diventare, decennio dopo decennio, il cuore pulsante del calcio italiano: non solo la Casa della Nazionale – o meglio: delle Nazionali – ma anche un fervido laboratorio di idee e di progetti, il simbolo e l’eccellenza della formazione calcistica di giocatori, tecnici, dirigenti. E questo grazie anche a Fino Fini, la prima scelta di Artemio Franchi.
Quando ti accostavi a quest’uomo dotato di un’eleganza e di uno stile inconfondibili, molto british, potevi avere il sospetto di dovere fare i conti con qualche timore reverenziale. Ma solo all’apparenza. A Fino Fini piaceva ascoltare, parlare. Soprattutto, adorava raccontare le sue memorie calcistiche. Come quando non molti anni fa Francesco Franchi, figlio di Artemio, perfettamente calato nel ruolo di giornalista, organizzò con lui un’intervista al Museo del Calcio. Ne uscirono ricordi, aneddoti, e forse anche qualche segreto fino ad allora rimasto intrappolato nella carriera professionale del ‘dottore’ di Coverciano.
Contravvenendo a una regola fondamentale del giornalismo che vieta di parlare in prima persona, penso di essere stato l’ultimo cronista ad intervistarlo per il Corriere Fiorentino, in un rovente pomeriggio dell’agosto 2019, prima che i guai fisici lo costringessero ai primi ricoveri. Fino Fini sedeva alla scrivania, nella segreteria del Museo Calcio. Gli chiesi quale era la sua Partita del Cuore. Iniziò a parlare della finale del Mondiale di Spagna del 1982. L’attacco del pezzo si apriva con questa dichiarazione: “Avevo un doppio incarico, ero il medico della Nazionale e il direttore del Centro Tecnico di Coverciano. E quei ragazzi, per me, erano doppiamente figli. A loro dovevo offrire affetto e certezze”.
Niente di più vicino ai valori che da sempre ispirano la Fondazione Artemio Franchi Onlus.
Marco Massetani